L’analisi bioenergetica, sviluppata dal medico e psicoterapeuta Alexander Lowen (New York, 1910- New Canaan, 2008), è una disciplina che tenta di spiegare la personalità umana e il suo sviluppo attraverso i processi energetici dell’organismo. Essa è anche una psicoterapia “a mediazione corporea” in cui il lavoro con il corpo si integra con quello sulla mente per aiutare le persone ad accrescere il proprio benessere e il proprio potenziale di provare piacere e soddisfazione nella vita.

L’assunto fondamentale da cui muove l’analisi bioenergetica è l’assoluta unità e identità funzionale profonda fra mente e corpo. Nonostante, soprattutto nella nostra società, mente e corpo siano spesso concepiti come distinti e separati, in realtà, a livello profondo ed energetico essi sono funzionalmente identici: ciò che avviene nella mente avviene anche nel corpo e viceversa.

Secondo Lowen, l’energia è ciò che accomuna e spiega tutti i processi della vita. Ne consegue che lo studio della personalità non può essere disgiunto da una concezione energetica, sulla base del presupposto che la quantità di energia posseduta da una persona e il modo in cui viene usata siano determinanti rispetto al suo modo di vivere e stare nel mondo.

L’analisi bioenergetica vede la personalità come una struttura piramidale: alla base, cioè a livello corporeo più profondo, si situano i processi energetici i quali attivano i movimenti organismici (ormonali, viscerali, muscolari involontari…) che danno origine a sensazioni ed emozioni che a loro volta sfociano nei pensieri (vertice della piramide).

Alla nascita, un bambino è un’unità psicofisica “perfetta”: l’energia scorre liberamente in tutto l’organismo ed è ai suoi massimi livelli (salvo complicazioni in gravidanza o durante il parto). Ciò significa che la quantità di energia “caricata” dall’organismo è in armonia con quella che viene “scaricata”: se il bambino sente dolore, ad esempio o ha fame, accumula tensione (l’organismo di carica, i muscoli si contraggono) la quale verrà scaricata attraverso il pianto (scarica, rilassamento muscolare). In questo modo l’organismo conserva un equilibrio naturale che è espressione di salute: se l’ambiente circostante risponde in maniera consona e adeguata ai bisogni del bambino, egli potrà crescere in armonia con se stesso, con le proprie sensazioni, emozioni e stati d’animo.

Ma cosa succede se, per ragioni e motivazioni varie, l’ambiente e i genitori si trovano impossibilitati a rispondere in maniera sufficientemente adeguata alle necessità di un bambino? Cosa avviene se ad un certo punto i processi di carica e scarica dell’energia non sono più in equilibrio?

In realtà, non è così raro che una persona, fin dall’infanzia, non abbia ricevuto tutte le cure fisiche ed emotive necessarie a garantire il suo completo e totale benessere. A volte i genitori devono lavorare molto, sono impegnati e non hanno molto tempo da dedicare ai bisogni di un infante che, si sa, è all’inizio della sua vita e richiede molto in termini di impegno e cure. A volte uno o entrambi i genitori non sono stati educati a loro volta ad essere affettivamente presenti e a saper trasmettere il loro amore e calore al figlio. Altre volte ancora, eventi esterni sopraggiungono e sono d’ostacolo a un’educazione ottimale e sensibile.

Non si tratta, ovviamente, di colpevolizzare i genitori, né di puntare il dito contro di loro, ma di comprendere che spesso, con tutte le migliori intenzioni del mondo da parte di questi ultimi, al bambino viene a mancare qualcosa, oppure ne riceve in eccesso. I genitori non ne sono consapevoli, di solito, ma ciò avviene più spesso di quanto si immagini. Pensiamo, ad esempio, al caso di una famiglia nella quale si fa fatica ad accettare i sentimenti di vulnerabilità e fragilità. Il modello a cui tutti si devono adeguare è quello di essere “forti e vincenti” e di farcela sempre ad affrontare ogni situazione. Come verrà cresciuto un bambino all’interno di questo contesto familiare? Verrà nutrito, certo. Verrà accudito fisicamente. Probabilmente verrà coccolato e accarezzato e non gli mancheranno calore e nutrimento affettivo. Ma cosa succederà nel momento in cui, fin da piccolissimo, inizierà a piangere ed urlare per le ragioni più disparate (fame, mal di pancia, disagi e malesseri di qualunque tipo, bisogno di contatto)? Probabilmente finché sarà piccolissimo, tali manifestazioni di disagio verranno accettate e accolte, ma come? La madre e il padre forse saranno infastiditi dalle urla del bimbo, lo vivranno come eccessivamente bisognoso e impegnativo e inizieranno a rispondere ai bisogni del figlio basandosi sulle proprie credenze di ciò che sia giusto fare. Lo lasceranno piangere di notte da solo senza accorrere? Cercheranno di calmarlo ma dal loro tono di voce e dall’irrigidimento dei loro corpi trasmetteranno insofferenza e irritazione, quindi non accettazione? Lo ignoreranno? Quando inizierà a crescere, lo colpevolizzeranno se piangerà? Lo zittiranno? Gli daranno una sculacciata?

Ora, si tratta di chiarire una cosa. Se episodi di tale entità capitano sporadicamente, non si crea nessun danno. Nessun genitore è perennemente perfetto e sintonizzato sui bisogni di un bambino ventiquattro ore su ventiquattro. A volte sbaglierà, perché è stanco o occupato e umano, ma saprà anche riparare al suo sbaglio. Il danno si crea se il modello educativo è rigido, inflessibile e costante.

Cosa significa? Tornando all’esempio precedente, significa che in quella famiglia viene preclusa al bambino la possibilità di entrare a contatto con i sentimenti di bisogno, vulnerabilità e fragilità. Ogni volta che essi affiorano, vengono colpevolizzati o ignorati, quindi non accettati. Ogni volta che il bambino piange o si permette di essere fragile, sente che questo è sbagliato. Gradualmente, giorno dopo giorno, questo bambino imparerà che determinate emozioni e la loro espressione è sbagliata, non desiderata e si adatterà al contesto famigliare. Tratterrà le lacrime, il pianto e cercherà sempre di essere forte e all’altezza di ogni situazione. Rinuncerà ad una parte di sé e obbligherà, senza esserne cosciente, il suo corpo a non sentire le sensazioni e i sentimenti giudicate inaccettabili. Una parte di lui, il bambino che ha diritto alla fragilità e alla dipendenza, verrà dimenticata e rimossa, lasciando spazio soltanto ad un bambino “efficiente”, vincente e forte. Crescerà senza che gli manchi nulla sul piano materiale, verrà abbracciato e accarezzato, elogiato per i propri successi; studierà, forse si laureerà, eccellerà negli sport, avrà una cerchia di amici e forse anche una fidanzata. Una persona “normale”, insomma.

Finché, ad un certo punto, magari in seguito ad una delusione o a un fallimento inizierà a percepire che il modello del “vincente” non funziona sempre. Si sforzerà di essere forte e perfetto ma una piccola crepa si insinuerà dentro di lui. Inizierà a sentirsi “strano”, affioreranno sensazioni nuove e sentite come minacciose. Lui forse proverà a ignorarle, controllarle ma dopo un po’ torneranno. Potrebbe iniziare a soffrire di attacchi di panico oppure iniziare ad abbandonarsi a vissuti depressivi. Potrebbe sentire il bisogno di essere aiutato e rivolgersi ad uno psicoterapeuta…

L’analisi bioenergetica è un peculiare tipo di psicoterapia in cui oltre che con le parole, si lavora con e attraverso il corpo per poter aiutare le persone a sentirsi meglio e acquisire maggior benessere.

Perché lavorare con il corpo? A cosa serve?

Torniamo al bambino di cui si è scritto prima. Quel bambino, per adattarsi al proprio contesto famigliare, ha dovuto escludere una parte di sé dalla coscienza. Ciò non soltanto a livello psichico, ma anche corporeo.

Nel trattenere il pianto, nel non sentire il dolore, la fragilità, ha dovuto imparare a trattenere il respiro, irrigidire i muscoli del viso, della gola e del torace. Ciò che ha dovuto fare non include soltanto l’aspetto psichico ed emozionale: tutto il suo organismo ha dovuto adattarsi alle richieste che gli venivano rivolte.

Per non sentire, ha dovuto escludere dalla coscienza sensazioni ed emozioni penose. Per non percepirle, ha dovuto irrigidire la muscolatura, trattenere il respiro, serrare le mascelle.

Ciò che avviene nella psiche, avviene anche nel corpo e viceversa. Il corpo è psichico e la psiche è corporea.

La personalità si sviluppa nei primi anni di vita e si struttura secondo schemi e modi di funzionare corporei (cerebrali, ormonali, viscerali, muscolari), emotivi, psichici. Il nostro modo di “essere nel mondo” riguarda tutti gli aspetti dell’organismo, la sua totalità.

Tensioni psichiche ed emotive hanno il loro corrispettivo in tensioni muscolari croniche le quali riflettono i blocchi di energia conseguenti all’inibizione di quei muscoli implicati in un certo tipo di movimento o attività in chiaro e diretto contatto con una certa emozione e sensazione. Ad esempio, la collera repressa si manifesta di frequente con tensioni e contratture muscolari nella parte superiore della schiena e nelle braccia, zone utilizzate per “colpire” e coinvolte nell’espressione di rabbia.

Per la bioenergetica, quindi, il modo in cui l’energia fluisce e si distribuisce in un corpo, le tensioni muscolari presenti e la postura sono indice del funzionamento psicologico e comportamentale di un individuo. In base alle esperienze di vita, una persona svilupperà un determinato tipo di struttura caratteriale che si esprimerà in modo unico e peculiare nel suo corpo attraverso zone più cariche energeticamente e altre più scariche, aree che appariranno più piene o “svuotate”, nonché parti portatrici di messaggi e informazioni fra loro in opposizione e contraddizione.

In bioenergetica, vengono proposte alle persone esperienze corporee ed esercizi atti ad entrare in contatto con tutte quelle sensazioni, bisogni ed emozioni “intrappolati” nel corpo e nella psiche. Oltre che l’aspetto verbale, in una terapia a mediazione corporea si tende a voler mettere l’individuo in contatto con se stesso, con il suo corpo: iniziare ad essere consapevoli delle proprie tensioni, emozioni e stati d’animo e del proprio modo di stare al mondo può essere la base per dare inizio ad un cambiamento reale e sostanziale del proprio modo di essere e sentire che porti ad un aumento di consapevolezza e benessere nel vivere quotidiano. Il lavoro con il corpo permette di aggirare le razionalizzazioni, di andare oltre il pensiero e le credenze e di riportare alla luce la natura originaria di un individuo: sentire sulla propria pelle un’emozione non è come “pensarla” e basta; cercare e trovare la “propria verità” in se stessi e nel corpo non è come ricevere una risposta preconfezionata da una persona esterna a noi.

Andare a lavorare sulla respirazione e sulle tensioni muscolari consente, quindi, un graduale rilascio delle tensioni e dello stress e una maggior presa di consapevolezza dei nostri bisogni, necessità, limiti, stati d’animo ed emozioni.

Essere più consci di ciò che siamo e di ciò di cui abbiamo bisogno ci dà più probabilità di “funzionare” in maniera ottimale nella vita, di rapportarci agli altri in maniera più efficace, renderci più comprensibili e chiari e poter andare nel mondo alla ricerca di ciò che realmente desideriamo e che coincide con il nostro benessere e la nostra gioia di vivere.

La terapia è un viaggio alla scoperta di sé. Non è un viaggio rapido, né facile e neanche privo di paure. In certi casi può prendere l’intera esistenza, ma la ricompensa è il sentimento che la vita non sia passata invano” A. Lowen- Arrendersi al Corpo, 1994.

Dott.ssa Gemma Federica Madaschi
Life & Spiritual Coach
Psicologa clinica
Psicoterapeuta ad indirizzo bioenergetico
Conduttrice di Classi di esercizi di bioenergetica
Mindfulness Educator

 

 

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